Ecco perché dovresti smettere di mangiare la crosta del pane e le patate abbrustolite

Piera Feduzi

Salute e Benessere

Ormai è risaputo che è dal cibo che deriviamo i nutrienti essenziali per fa funzionare il nostro corpo. Ma è anche dal cibo che possono arrivare sostanze pericolose a cui fare attenzione.

Si chiama acrilammide una sostanza cancerogena che viene prodotta naturalmente dalla cottura di certi alimenti di consumo comune. Questa viene generata a partire da determinate temperature elevate, in genere superiori ai 120 gradi e si manifesta con un cambiamento di stato del cibo. L’acrilammide è responsabile di alcune formazioni neoplasiche come quelle al seno, all’endometrio, alle ovaie e ai reni.

Pane abbrustolito
Pane abbrustolito

Questa sostanza tossica per l’organismo, si produce durante la cottura di alimenti come cereali, patate e caffè, se superano una certa temperatura ed è riscontrabile dalla tipica colorazione marrone che supera il classico dorato. Nelle farine integrali o a base di segale è maggiore la produzione di acrilammide. La presenza di questo elemento nel cibo è un dilemma affrontato anche dagli organismi di regolazione e controllo come l’Efsa, che se occupa da un punto di vista di legislazione per l’industria alimentare.

In che quantità diventa tossica l’acrilammide?

Pane abbrustolito
Pane abbrustolito

L’acrilammide, dunque, si forma in tutti queli alimenti che presentano una colorazione scura a seguito della cottura, ad esempio nelle patate al forno abbrustolite, nella parte superiore di un dolce o nella crosta del pane, sia che si tratti di prodotti casalinghi preparati in casa sia che si tratti di prodotti industriali.

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Sembra che sia piuttosto elevata l’esposizione a questa sostanza delle persone: secondo l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, il limite di assunzione trascurabile per la salute umana è un microgrammo per un uomo di 60 kg. La proporzione rende subito evidente il pericolo per i consumatori, poiché questa quantità è rintracciabile in 1 g di patatine abbrustolite o 4 g della superficie dei biscotti oppure in 3 g di pane e pizza. Questo limite, ovviamente, si riduce a seconda della persona e del peso corporeo, ad esempio nei bambini.

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Per evitare il rischio di produrre l’acrilammide, bisogna utilizzare determinati accorgimenti come il controllo della temperature di cottura e il monitoraggio dei tempi, per evitarne la formazione. Bisogna considerare, poi, che la legge in materia tollera un limite di presenza di questa sostanza superiore rispetto a quanto consiglia la scienza. A livello di produzione industriale, dunque, le aziende si limitano a rispettare le imposizioni legislative in materia e i parametri dettati dalla legge.

 

 

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